Un cortometraggio di 8.36 minuti, costato 1,7 milioni di euro, poco più di 200.000 euro al minuto. Il titolo semplice Calabria Terra Mia nasconde in realtà una tragedia.
Calabria Terra Mia si scopre subito
Il tutto inizia con una musica di sottofondo che scopiazza male il padrino, dai che già vi è salita la ‘ndrangheta a tutti.
Mano fuori dal finestrino, la tizia ha imparato già una tipicità calabrese, però dovrebbero spiegarle che il gomito va poggiato. Un lago ci mostra colori irreali. Raul Bova ne approfitta per toccare la coscia della moglie, poi come un tackle del miglior Vierchowod chiede “Dove vuoi che ti PORTO?” Ora, a parte che non è un pacco, ma il riferimento chiaramente è quella al calabrese che nonostante tutto non riesce mai ad imparare bene a parlare italiano?
Calabria Terra Mia, di agrumi e di coppole.
Si vede il primo borgo, tipico calabrese come ce ne saranno a migliaia, ma che dico, a centinaia, vabbè, 3 o 4 sono oro colato. Classica osteria calabrese con tavolini all’aperto sotto delle pergole, tovaglie (nome tipico calabrese che indica almeno 4 o 5 cose ndG) a quadri, i protagonisti ordinano cibo, a fianco a loro 4 vecchietti giocano a carte, tra essi una delle tante comparse con la “coppola”. Spiegazione sul bergamotto (che ce ne vuole a confonderlo con un limone, ma vabbè) e su fatto che i profumi più buoni del mondo vengano fatti con esso, io immagino tanti ricchi produttori di bergamotto.
Calabria Terra Mia, di coppole e agrumi.
Cambio scena, inquadratura su due ragazzi che saranno almeno 10 anni più piccoli di me, sudo freddo, uno dei due ha le bretelle e la coppola, mentre tutti in generale sono vestiti come si usava negli anni ‘30. Il tizio in bretelle chiede se l’ha portata a vedere dove crescono le clementine. Io capisco che il tizio possa rappresentare il paesanotto senza cultura che oltre ai campi di terra non conosce niente né del mondo né della sua regione, ma in Calabria, oltre 15.000 km² di superficie quale è la priorità? Il campo di clementine e i cedri. Giustamente arriva una tizia che dice che lei vorrà vedere il mare, ed io penso grazie al cazzo, ma non lo dice in un semplice italiano, no non lo dice in dialetto, lo dice in un italiano dove la cadenza è talmente marcata che diventa una beffa. Calabria Terra Mia è una commedia sui calabresi?
Calabria Terra Mia, tra colori irreali e dialoghi surreali.
Lei domanda: “Allora da dove iniziamo?”
Lui risponde: “Ma quanto sei bella.”
Io penso che qualche problema di comunicazione di coppia potrebbero averlo.
Si passa all’affaccio di Tropea, la cui nota distintiva è il colore innaturale del mare, tanto da sembra il mare di Chernobyl.
Il corto è iniziato da minuto e cinquanta secondi, ma sembra un film di 3 ore. Prima apparizione di una campagna. Ok chiamiamola terra o come volete, quella è. Passeggiata in bicicletta in mezzo ad essa, cosa che normalmente fanno tutti i calabresi insomma. In questo pezzo mi è piaciuto tanto il fatto che uno nato a Roma, cresciuto a Roma, vissuto a Roma, racconta la Calabria ed il ritorno ad essa come se fosse un emigrante, talmente convincente che per un attimo ho pensato che il titolo del corto fosse “Il Calabrese di ritorno”.
A parte ciò arriva un’altra fatidica domanda, mentre Bova, mangiando agrumi, racconta che quando lui tornava in Calabria chiedeva al nonno di fargli assaggiare le clementine, come se fosse chissà quale richiesta assurda, quindi lei chiede “e lui?”. Io freddo ancora. Ma “e lui?” cosa? Non è che sta chiedendo droga, sta chiedendo di far assaggiare un frutto preso da un campo dove ce ne sono migliaia eh, lui che doveva fare? La risposta: “era contento”. Ma di cosa?
Calabria Terra Mia, di stereotipi e luoghi comuni.
Secondo borgo, sempre tavolini fuori, donna che fa non si capisce bene cosa con dei canestri pieni di agrumi, coppia di anziani, di cui uno con la coppola, che bevono un bicchierino. Raul Bova e Rocio Munoz Morales naturalmente mangiano agrumi.
Per l’ennesima volta lei chiede “Dove mi porti ora?”, il tutto sullo stacco di un affaccio su un mare color space jam e un bel cesto pieno agrumi in vista.
Finalmente si vede il mezzo tipico calabrese, logicamente diretto da uno con la coppola, il ciuccio! Anzi ben due ciucci!
Dialogo sulla soppressata, Bova ci tiene a sottolineare che vuole quella col finocchietto. La Soppressata di Calabria DOP, una delle poche cose di qualità riconosciute in tutto il mondo, distrutta così. Ripetiamo insieme: il finocchietto va nella salsiccia, non nella soppressata. Salutiamo Adelaide e Penelope, due nomi tipici calabresi.
Stacco con la voce fuori campo, la macchina viaggia su una strada sterrata in mezzo a campagne.
Torniamo dopo nemmeno un minuto e mezzo nella stessa campagna di poco fa, questa volta però al posto delle clementine parliamo delle arance. Qui chiedo l’aiuto del pubblico. Bova spiega che affinchè le arance siano buone “devono avere le forme che la natura le ha dato”, lei sospira, secondo me perchè pensa la stessa cosa che ho pensato io, e cioè: “che cazzo significa?”
Terzo borgo, ancora tavoli all’aperto sotto pergole, ancora tovaglie quadrettate. Saluti in italiano con cadenza calabrese spinta.
Calabria Terra Mia, il finale è sempre tragico.
Arriviamo finalmente all’ultima spiaggia, in qualsiasi senso voi vogliate intenderla. Qui con i colori ci siamo più o meno, avranno chiuso gli scarichi delle fogne nucleari prima di girare questa scena. Finalmente una scena romantica, ripresa direttamente da questo piccolo grande amore.
Siamo all’ultimo dialogo surreale, il più surreale di tutti. Lei dice: “Io da qui non me ne vado più”, lui risponde: “e io ti amo”, che se avesse risposto “i gatti sono più intelligenti dei cani” avrebbe dato lo stesso effetto.
Prima di chiudere finalmente un frutto che non è un agrume, un fico!
Si chiude con loro due di spalle, io che spero in qualche colpo di scena resto deluso. Sei minuti di film, quattro coppole, due asini, novecentottantasette agrumi circa, due minuti e mezzo di titoli di cosa, praticamente mezzo cortometraggio. Correggo, quasi 280.000 euro a minuto.
Alla fine dei conti io sono contento che lo vedremo solo noi calabresi, per commentarlo un poco e poi lo dimenticheremo, ma se mai non dovesse essere così che immagine stiamo mostrando a chi non conosce la Calabria?
Forse non volevamo dirlo che in Calabria esiste l’Aspromonte, quello bello, che c’è la Sila, che non c’è solo il mare di Tropea, che c’è la ‘nduja e la struncatura, etc etc? Non volevamo raccontare dei 5 castelli aragonesi, dei 3 castelli normanni, dei Bronzi di Riace, della Cattolica di Stilo, delle chiese di Gerace, della Certosa di Serra San Bruno, della Basilica di San Francesco di Paola, etc etc?
O solo avremmo veramente necessità di fare un progetto che veramente possa definirsi tale?
Chiudo con un suggerimento, cambiamo il titolo da Calabria Terra Mia a Calabria Amara Mia.